Carla Tomasini, pediatra e nutrizionista infantile, spiega come gestire una fase tanto delicata quanto importante per la crescita dei più piccoli. Non servono tabelle, ma informazioni corrette e grande consapevolezza. Perché ogni mamma sa come nutrire il proprio bambino.

Passare dal latte al cibo non è cosa da poco: così, troppo spesso, la fase dello svezzamento viene vissuta da mamma e bambino come un momento traumatico, un passaggio obbligato che poco ha a che fare col piacere e la condivisione della tavola. In che modo è possibile superare tutto questo? “Serve consapevolezza. – spiega Carla Tomasini, pediatra e nutrizionista infantile – Ogni mamma ha le competenze per nutrire il proprio bambino con l’allattamento e anche con lo svezzamento. Ciò che mancano oggi sono le conoscenze. Il pediatra è la persona che in questo senso può trasferire le informazioni utili e adeguate, ma è importante prima di tutto che ciascuna mamma riconosca le proprie capacità”. Quali sono dunque le fasi da seguire?  “Non c’è bisogno di schemi o tabelle o addirittura pesi e misure, che tanto assomigliano a quella doppia pesata” ormai superata da decenni. Si tratta di prassi che contribuiscono esclusivamente ad aumentare la sfiducia della mamma. Servono invece pochi strumenti. Su tutti una minima conoscenza nutrizionale e culinaria: si possono imparare ricette adeguate senza bisogno di diventare grandi chef”.  

Nessuno schema da seguire dunque, eppure sono ancora tanti i pediatri che propongono l’inserimento dei primi alimenti già dai quattro mesi, stilando una vera e propria tabella di marcia per l’introduzione dei vari cibi. Cosa fare in quel caso? “L’Organizzazione Mondiale della Sanità raccomanda l’allattamento esclusivo sino ai sei mesi. Dunque nessun alimento extra prima di quel momento. Per l’introduzione dei primi cibi il bambino deve stare seduto autonomamente, avendo raggiunto la maturazione dei metameri lombari e dunque dell’intestino. Deve poi manifestare un interesse per il cibo. Esiste un timing fisiologico che non può essere tralasciato e che solo la mamma vede, avendo sotto gli occhi il proprio bambino ogni giorno. Le tabelle sono uno strumento superato, anni ’80 e non hanno senso. Il pediatra ha invece il dovere di trasferire alla mamma le giuste conoscenze nutrizionali, le consistenze da utilizzare e i corretti tagli degli alimenti”. In termini concreti? “Vediamo prima i due pasti principali. Essi devono essere composti da carboidrati (cereali e talvolta patate), proteine (legumi oppure derivati animali), grassi (oli e frutta a guscio in crema o triturata). Per quanto riguarda le merende invece servono carboidrati (frutta e, eventualmente, anche cereali). Questo non sostituisce subito le poppate che restano tutte le volte che il bambino e la mamma lo desiderano. Esistono poi poche, semplici, ma assolute regole: no allo zucchero, al miele, agli insaccati (cancerogeni), ai molluschi, ai funghi, ai fritti e agli alimenti industriali. Il sale è sconsigliato, ma se il bambino vuole assaggiare dal piatto dei genitori è concesso purché i genitori salino poco. Sarebbe ideale che gli stessi genitori iniziassero a cucinare in modo sano, con poco sale, utilizzando al suo posto spezie ed erbe aromatiche, ricche di principi nutritivi”. E nel caso di un’alimentazione familiare vegana o vegetariana? “In quel caso è importante adottare le giuste accortezze, ovvero integrare la propria alimentazione con la vitamina B12. Una prassi che dovrebbe riguardare non solo il bambino ma anche i genitori”. 

Una delle questioni più critiche è spesso quella delle consistenze. Cremoso, solido, come gestire il passaggio? “Possiamo iniziare con delle consistenze più delicate e passare gradualmente al solido. Oppure possiamo offrire qualcosa che il bambino riesce ad afferrare e gestire come avviene in autosvezzamento, così che possa imparare rapidamente la masticazione anche senza i dentini. In ogni caso, anche qualora si decida per uno svezzamento “morbido” questa parte deve essere costantemente affiancata perché lo sviluppo della capacità di masticazione del bambino avviene meglio con il cibo in pezzettini già tra i 6 e i 9 mesi, ovvero accanto a una pappa morbida è sempre lasciar sperimentare qualche pezzettino di cibo solido tagliato adeguatamente, come una strisciolina di carota o di zucchina lessa.  
Solo negli ultimi anni grazie alle neuroscienze abbiamo compreso che lo svezzamento non è solo nutrizione, ma anche apprendimento neuropsicomotorio. Non è necessario offrire la pappa perfetta da subito, ma è invece importante permettere piccoli assaggi che favoriscano un graduale apprendimento del cibo e una buona relazione con il momento dei pasti, che altro non sono se non ritrovo e unione familiare”.  

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