È naturale!” questo ci dice la nuova campagna di comunicazione lanciata dal ministero della Salute per promuovere l’allattamento al seno. Ma è davvero questo il messaggio che più ci premeva diffondere? Da mamme, ce la sentiamo di tirare un sospiro di sollievo perché finalmente qualcuno ha detto le cose come stanno?

La naturalezza dell’allattamento è probabilmente una delle poche cose a non essere mai messa in discussione. Dunque, da una campagna istituzionale realizzata da professionisti, che ha visto sicuramente un investimento economico importante da parte del ministero, ci saremmo aspettati ben altro che la banalità.

Di altre cose da dire ce ne sarebbero state davvero tante. Ad esempio che l’Organizzazione Mondiale della Sanità raccomanda l’allattamento esclusivo al seno fino ai sei mesi di vita. E che dunque una mamma che decide di non sostituire la poppata di un neonato di appena 5 mesi con la frutta frullata non è un’irresponsabile. Sarebbe inoltre stato utile dire che sempre l’OMS consiglia di proseguire con l’allattamento, laddove possibile, sino ai 2 anni di vita del bambino. E che dunque la vicina di casa, la zia, la nonna, la cognata, la suocera, la cugina di terzo grado, la passante che continuano a ripetere quel fastidioso “Ma ancora lo allatti? Ma ormai è grande! È un vizio. Il tuo latte è solo acqua” dovrebbero avere il buon senso e la decenza di tacere. Si perché, oltretutto, sarebbe stato utile sottolineare come le proprietà nutritive del latte materno non scompaiono con il passare dei mesi, ma evolvono insieme al bambino. Gli occhi indiscreti, i commenti pesanti che demoralizzano non arrivano quasi mai intorno ad una scena come quella dello spot ministeriale, dove attaccato al seno della mamma c’è un neonato di pochi mesi.

Dunque cosa ce ne facciamo della naturalezza di un gesto se poi, scaduti i termini fissati dall’immaginario collettivo, non c’è più nulla di “normale” ? Ecco sì, normale. Forse sarebbe stata questa la parola più giusta. È normale allattare il proprio bambino, dove, come, quando e fino a quando lo si desidera. Non certo per attaccamento morboso, ma per tanto, tanto altro.

Investire nella diffusione della cultura dell’allattamento significa formare il personale sanitario, promuovere la modernizzazione degli ospedali nella gestione del post parto, accompagnare sul territorio la mamma in questa difficile, ma importante missione. Garantire l’effettivo godimento dei permessi a lavoro. Far sì dunque che in ogni contesto allattare diventi davvero, per la mamma, la normalità. Tutto il resto è solo uno spot.

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