Otto anni fa, a sole tre ore e mezza dalla nascita, Nicoletta perde Matilde, la sua secondogenita. Un dolore immenso che, grazie anche al supporto dell’associazione Ciao Lapo Onlus, diventa ricordo, condivisione, amore. Questa è la sua testimonianza.

Matilde nasce il 25 luglio 2011 a termine di una gravidanza facile e felice. È la secondogenita e porta con sé tantissime aspettative: far diventare Alice sorella maggiore e completare il nostro progetto di famiglia. Alla trentacinquesima settimana, durante l’ultima eco di controllo, i nostri progetti vengono messi in crisi da una cardiopatia che porta un nome difficile (Trasposizione dei grossi vasi) e che ci fa trascorrere le restanti settimane tra visite, ecografie ed accertamenti. Matilde nasce, viva, in una mattina di pioggia torrenziale. Le statistiche la danno viva per il 93% dei casi: nella paura abbiamo sufficienti speranze. Improvvisamente però va tutto storto. La portano in terapia intensiva neonatale dove, per 3 ore e mezza, cercherà di sopravvivere.

Sono stata operata per evitarle lo stress del parto e non posso vederla. Riccardo (mio marito) viene a salutarmi e mi dice che non ce la farà. Gli chiedo di non farla morire da sola e gli assegno il compito più difficile del mondo. Matilde se ne va e porta via con sé tutte le nostre aspettative, lasciando un vuoto incolmabile. Il resto è confusione e smarrimento misto a dolore.

In reparto cercano di evitare la situazione, mi mettono in stanza con un’altra mamma speciale (così veniamo definite anche se a me piace essere solo mamma, non ci vedo tutta questa specialità). Il mio dolore fa male a tutti, anche al personale ospedaliero, per questo cercano di contenerlo rendendolo invisibile. Chiedo di vedere Matilde, chiedo che venga vestita: do all’ostetrica il primo ed unico cambio che indosserà mai. Me la portano, la abbraccio, la annuso, le parlo, ci lasciano un po’ di tempo per viverla, per realizzare quel sogno di famiglia anche solo per qualche minuto. La psicologa mi invita a fare delle foto. Rifiutiamo perché crediamo che basterà il ricordo tangibile di lei. Mi dimettono in fretta perché hanno bisogno di posti letto e “a casa con i miei familiari attorno potrò superare meglio la cosa”.

Alla dimissione la psicologa della terapia intensiva neonatale mi lascia un libretto dell’associazione Ciao Lapo, dove si parla del lutto perinatale e di come affrontarlo.

Dopo nemmeno una settimana visito il sito della onlus: c’è un forum dove le mamme si raccontano. Sembra che conoscano esattamente come mi sento, scrivono cose che assomigliano alle mie e condividono. Saranno la mia ancòra di salvezza. Mi sentivo sbagliata, dubbiosa, impaurita. Nessuno riusciva a capire il mio senso di inadeguatezza tranne loro. Loro sapevano esattamente che cosa provavo. Con loro potevo parlare di Matilde, di come era, di cosa rappresentava e del vuoto che aveva lasciato (ed io sono una che parla davvero tanto). Entro a fare parte della community, scrivo quasi ogni giorno, parlo di Mati, parlo dell’amore che resta ed inizio a stare meglio. Capisco che si può continuare a vivere, sorridere, amare anche dopo un dolore così grande. Lo devi attraversare però il dolore, ci devi passare dentro, ed è proprio come la pioggia di luglio: ad un certo punto torna a splendere il sole.

In questi 8 anni trascorsi con e senza Matilde, ho imparato a vivere le cose, ad attraversarle, ad amare nonostante possano essere difficili.

Oggi, 15 ottobre, è la giornata di Matilde, la giornata in cui tutti possono ricordarsi di lei. A volte il mondo la dimentica per alleviare un po’ di dolore. Ma lei è gioia, è amore, nonostante le lacrime. Ed a me piace che per tutti possa essere felicità, felicità di averla avuta anche se per poco tempo, felicità di poterla amare nonostante le nuvole di mezzo.

L’associazione è il collante, è riuscire a tirar fuori l’amore, le cose belle che vi sono state. Il punto di forza è la condivisione, il sapere di non essere soli.

Tante famiglie vengono lasciate sole a superare questa prova. A tanti viene chiesto di dimenticare questi figli perché sembra più facile fare finta che non siano mai esistiti. Invece ci sono stati, ci sono e ci saranno sempre. A modo loro, in maniera bizzarra, tra cielo e terra.

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