Mamma Cristina vive l’emergenza coronavirus dietro i banconi di un punto vendita di Osimo. Impossibile per lei restare a casa. “A lavorare qui siamo soprattutto donne e mamme, accomunate dalla grande paura di portare a casa il virus, trasmettendolo alle nostre famiglie. Ci facciamo forza a vicenda. La percezione del rischio non è la stessa per tutti. Alcuni dei nostri clienti fanno ancora fatica a rinunciare alle proprie abitudini”.

“Ho scelto questo lavoro parecchi anni fa e, nonostante tutte le difficoltà per conciliare i ritmi della turnazione con le esigenze familiari, mi piace. Certo non avrei mai pensato di trovarmi in prima linea nel bel mezzo di un’emergenza sanitaria. Qualche giorno fa alcuni clienti mi hanno ringraziato per quello che stiamo facendo, per i rischi che corriamo quotidianamente. Mi sono commossa”. Le corsie che percorre ogni giorno mamma Cristina non sono quelle di un ospedale, ma di un supermercato di Osimo: qui è una delle responsabili dell’area cassa e box informazioni. E da quando la pandemia da coronavirus è arrivata in Italia, rimanere a casa per lei non è stato possibile. I distributori di generi alimentari infatti, fornitori di beni di prima necessità, non hanno subito lo stop imposto dai decreti normativi. “Indosso mascherina e guanti per tutta la durata del turno. Abbiamo in dotazione una ffp3 a testa ogni settimana. Non è semplice lavorare con quella addosso. Io che mi muovo tra le casse, la sala e il box office, mi ritrovo a dovermi chiudere in magazzino ogni tanto per scansarla dal viso e tornare qualche secondo a respirare. Al tempo stesso so di non poterne fare a meno perché è l’unica protezione che ho: a lavorare nel punto vendita siamo soprattutto donne e mamme, accomunate dalla grande paura di portare a casa il virus, trasmettendolo alle nostre famiglie. Ci facciamo forza a vicenda. La chat di gruppo che abbiamo non è mai stata così viva”.
E l’organizzazione degli spazi? “Abbiamo inserito strisce per il mantenimento delle distanze in tutti i reparti. Guanti e gel disinfettate all’ingresso, anche se quest’ultimo ad oggi è molto difficile da reperire. Se c’è necessità predisponiamo l’ingresso scaglionato, ma il punto vendita è molto grande, quindi fino ad oggi siamo ricorsi poco all’accesso controllato”. I clienti, come si comportano? “All’inizio, con il primo decreto, non abbiamo notato nessun cambiamento. Non c’era ancora la consapevolezza del rischio. Il flusso dei clienti era lo stesso di sempre. Arrivavano senza guanti né mascherine, ignorando le distanze di sicurezze. Poi, andando avanti con le restrizioni, qualcosa è cambiato. Oggi quasi tutti hanno una mascherina e un paio di guanti, tranne le persone più anziane che ancora fanno fatica ad indossare queste protezioni. A volte accade che alle casse discutano tra clienti perché c’è chi non mantiene le distanze di sicurezza. O accade che mentre riordino gli scaffali quelle stesse distanze non vengano rispettate nei miei confronti. È difficile. La percezione del rischio non è la stessa per tutti. Alcuni fanno ancora fatica a rinunciare alle proprie abitudini”.
Al termine della sua giornata lavorativa Cristina torna a casa dal suo compagno e dalla sua bimba di 4 anni. “Non è un periodo facile questo per i più piccoli. All’inizio mia figlia, quando mi vedeva preoccupata davanti alla tv, mi chiedeva se fossi triste. Ho capito che dovevo spiegarle in qualche modo la situazione. Così le ho detto che in giro c’è un virus un po’ dispettoso che se ne va solo se le persone restano a casa. A volte mi dice che si sente sola, che le mancano la scuola e gli altri bambini. Nonostante questo, è felice di passare molto più tempo con il papà. Prima del lockdown, con la chiusura delle scuole, i miei turni, il mio compagno e i nonni tutti a lavoro è stato molto difficile. Ma siamo riusciti ad organizzarci”.
Cosa cambierà dopo questa emergenza? “Il mio lavoro l’ho scelto tempo fa e non ho intenzione di ripensarci. Cambierà forse la consapevolezza di quanto, in situazioni di emergenza, sia il singolo a poter fare la differenza, a tutti i livelli. I morti non sono solo numeri. Se nessuno di noi fa il minimo per salvaguardare se stesso e gli altri, non abbiamo speranza per il futuro”.