Da una parte oltre 130 strutture per l’infanzia che nelle Marche, nonostante lo stop governativo, si ritrovano a sostenere spese fisse di gestione. Dall’altra le famiglie, chiamate a pagare un canone mensile, senza aver usufruito del servizio per il mese di marzo.

Scuole chiuse e bambini a casa. Ma per le strutture private i costi fissi, come ad esempio i compensi dei dipendenti, restano in piedi. Ecco quindi che asili nido e scuole dell’infanzia non comunali, anche nella nostra regione, chiedono alle famiglie il pagamento della retta mensile, nonostante il servizio sia di fatto venuto meno con lo stop imposto dai decreti governativi.

Non esistono linee guida da rispettare. Le strutture possono decidere in autonomia come comportarsi: alcune hanno applicato uno sconto, in particolare laddove la mensilità includeva spese “extra”, quali ad esempio quella del servizio mensa; altre invece hanno comunque richiesto l’erogazione dell’intero importo.

Nel decreto Cura Italia non è stato previsto alcun rimborso: se da una parte sono state inserite misure di supporto alle famiglie come il bonus baby sitter e l’aumento del congedo parentale, dall’altra chi paga una scuola privata è finito nel dimenticatoio. Sulla questione è intervenuto anche il Condacons: l’associazione dei consumatori ha sottolineato come lo stanziamento di somme per la copertura di questi costi sarebbe una boccata d’aria importante per le famiglie e per un settore, quello delle scuole private appunto, che in assenza di pagamenti finirebbe in ginocchio. Lo stesso Codacons ha anche sottolineato come in realtà se nel contratto stipulato al momento dell’iscrizione non c’è alcuna clausola che prevede il pagamento della retta anche in presenza di chiusura per causa di forza maggiore, la famiglia di fatto non è tenuta a pagare nulla.

Per i nidi resta in piedi il rimborso tramite bonus nido, la cui domanda può essere effettuata dal sito dell’INPS.

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