Piccolo mio vorrei dirti tante cose. Sono giorni così complicati e nonostante tutto tu e i tuoi due anni siete così sereni. È vero, ogni tanto te ne esci con quel “Mamma parco” che mi fa stringere il cuore. Ma sono attimi.  Quando nominiamo l’asilo, i bimbi e le maestre sei tu il primo a dire “Mamma chiuso”. La casa non è molto grande. Non abbiamo un giardino, ma solo un piccolo balcone che è diventato il tuo regno.  Ci passiamo le mattinate di sole. E quando qualcuno, bardato di guanti e mascherina, passa furtivo proprio là sotto, tu gridi “Ciao!”, con lo stesso entusiasmo che avevi quando si camminava a volto scoperto.

Vorrei dirti che rivedrai presto i nonni, gli zii, i cuginetti e tutte quelle persone per cui quasi ogni santo giorno apparecchi la tua tavola immaginaria con gli arnesi della tua cucina, preparando per ciascuno un posto speciale con piatti, posate e bicchieri. Non hai smesso di farlo neanche dopo che quel giorno, stupidamente, ti ho detto che non sarebbe potuto venire nessuno a sedersi lì. Ti ho tirato giù dai tuoi sogni, dai tuoi ricordi e per la prima volta in questa lunga quarantena ho visto un’ombra attraversare il tuo piccolo viso. Scusami, a volte noi adulti ci dimentichiamo la bellezza di quei mondi immaginari che muovono mente e cuore. Siamo abituati a darci spiegazioni, risposte, motivazioni anche quando non servirebbero.

Vorrei dirti che tornerai prestissimo a giocare nel tuo amato parco come facevi prima. Che potrai correre giù da uno scivolo, volare su un’altalena o arrampicarti chissà dove senza che io ti debba trattenere. Senza disinfettante, senza guanti, senza rimproveri. Che ci divoreremo un bel gelato sotto il sole, che correremo a perdifiato in piazzetta giocando a nascondino dietro alle colonne del loggiato. Che mangeremo i tuoi amati gnocchi alla marinara nel nostro chalet del cuore.

Vorrei dirti che tornerò a salutare papà ogni volta che esce per andare a lavoro in ospedale senza quella stretta al cuore e quel sorriso forzato. Ma prendendolo in giro, come facevamo prima quando se ne andava a fare “le punturine”.

Vorrei dirti che fuori da quella porta troverai lo stesso identico mondo che ti sei lasciato alle spalle qualche settimana fa, quando, vestito da gatto, sei rientrato a casa dalla festa di Carnevale dell’asilo, felice come non mai. Un mondo pieno di sorrisi e non di bocche coperte. Di calde carezze e non di freddo lattice. Di abbracci veri e non immaginari.

Non so piccolo mio se sarà così. Non lo so davvero. Ma so invece che non smetterò mai di raccontarti delle migliaia di bolle acchiappate insieme sul balcone, del nascondino in tutti gli angoli della casa, dei lavoretti settimanali inviati dalle tue dolcissime maestre, dei dolci, del pane, delle pizze che abbiamo impastato senza sosta, sporchi di farina dalla testa ai piedi. Di quella domenica pomeriggio passata io, te e papà a chiudere tortellini. Della casa tappezzata di pesci il 1° di aprile, dell’arcobaleno al balcone, della ginnastica sul tappetone la mattina, della musica sempre in sottofondo. Delle videochiamate ai nonni, agli zii, agli amici e di quella voglia di rivedersi, di stringersi, che forse non avevamo mai provato prima.

Comunque vada, andrà tutto bene.

Mamma

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