“Ogni giorno veniamo a conoscenza di situazioni familiari complicate: mamme sole, in cassa integrazione o con entrate minime. Papà che non riescono a garantire il mantenimento perché non percepiscono più uno stipendio. I consumi, che stando in casa aumentano. E la didattica a distanza che ha richiesto importanti investimenti alle famiglie” Pina Masella, responsabile dell’Unità Operativa Disagio e Povertà del Comune di Jesi, racconta il Covid19 fuori dalle corsie degli ospedali. “Sono mamma, potevo avvalermi del congedo, ma ho scelto di esserci”.

“Ci sono persone che non arrivano alla fine del mese. Cittadini che fino a ieri non avrebbero mai pensato di bussare alla porta dei servizi sociali e che oggi invece si ritrovano senza entrate, con la spesa, le bollette e magari anche l’affitto sulle spalle”. Il Covid 19 è un’emergenza sociale. Ospedali pieni, tasche vuote. Lo sa bene Pina Masella, responsabile dell’Unità Operativa Disagio e Povertà dell’Asp 9. “Non ho vissuto la guerra – racconta – ma credo non sia stata molto diversa da ciò che sta accadendo in questi giorni”. Il coronavirus ha letteralmente travolto l’ordinarietà del suo lavoro. “Ci siamo sempre occupati di supporto economico alle persone in difficoltà, ma in questo periodo stiamo assistendo ad un aumento esponenziale di casi e di attività a nostro carico. Al momento stiamo gestendo la questione buoni alimentari. L’avviso pubblico è già uscito. Una volta erogati, sarà possibile utilizzarli nei supermercati convenzionati del nostro territorio. Già prima del provvedimento governativo, grazie alla collaborazione con la Caritas, abbiamo potuto predisporre la consegna di pacchi a domicilio per le situazioni di maggior difficoltà”. Situazioni che non risparmiano nessuno. “Ci sono storie familiari davvero complicate. Mamme sole, per separazione o per altro, che si ritrovano in cassa integrazione o con entrate minime. Papà, anche dipendenti, che non riescono a garantire il mantenimento alle proprie famiglie perché a causa dell’emergenza covid non percepiscono stipendio. E quando si passa tanto tempo in casa i consumi aumentano. C’è poi la questione scuola. Le famiglie sono state chiamate a sostenere delle spese per consentire ai propri figli di seguire le lezioni a distanza. Chi aveva un solo dispositivo e più figli, ha dovuto acquistarne altri. E la stampante. E il toner. E la rete internet. Alcune scuole si sono organizzate dando in dotazione tablet o pc alle famiglie meno abbienti. Non tutti gli istituti però sono riusciti a farlo”. Poi ci sono i piccoli artigiani. “I parrucchieri ad esempio. Molte attività di questo genere sono a conduzione familiare. Con il lockdown non hanno entrate e in molti casi si ritrovano comunque a dover pagare affitti molto elevati. Ecco, quello degli affitti in generale è un problema da tenere in seria considerazione. Per i mutui hanno concesso il blocco. Ma le spese di locazione continuano ad andare giù. E si accumulano mese dopo mese”.
Oltre la questione economica, c’è la gestione dei minori. “Ci siamo trovati a dover cercare una baby sitter per una coppia in attesa del secondo figlio. Non sapevano a chi affidare il primogenito durante le ore del parto. Fortunatamente ad oggi non abbiamo dovuto gestire casi di minori che abbiano entrambi i genitori affetti da Covid 19, magari ospedalizzati. Qualora dovesse accadere ovviamente la priorità sarebbe quella di allacciarsi alla rete familiare del bambino, tenendo conto che anche lui potrebbe aver contratto il virus”.
Quando Pina rientra a casa dal lavoro ad attenderla ci sono il suo compagno e il piccolo Andrea, 2 anni e mezzo. “In ufficio stiamo gestendo la maggior parte delle pratiche via mail o telefono, quindi il contatto con altre persone è limitato. Certo la paura del contagio resta. Ho scelto però di non avvalermi della possibilità di congedo dal lavoro. Il mio ruolo, in questo momento più che mai, prevede che io sia sul campo”.