Doveva essere il giorno dell’ultima campanella, della gioia nostalgica, degli abbracci da mettere in tasca e da ricordare per tutta la vita. Ma lo sapevamo da mesi che non sarebbe stato così. I nostri bambini, i nostri ragazzi l’avevano capito che sui banchi non ci sarebbero tornati; che quel saluto sarebbe stato virtuale come la scuola delle ultime settimane.

Non per tutti. Oggi, ultimo giorno di un anno scolastico diviso tra didattica e distanza, alcuni di quei bambini, di quei ragazzi hanno potuto finalmente guardarsi negli occhi, nei parchi o nei cortili dei loro plessi di riferimento. Lo hanno fatto composti dietro le loro mascherine, allungando le braccia senza sfiorarsi. Emozionati, certamente, come emozonati saranno stati i loro insegnanti. Ci sono state amministrazioni comunali e istituti scolastici del nostro territorio che hanno scelto di farlo, di regalare un ultimo giorno di scuola oltre le mura domestiche, al di là dello schermo di un pc. Alcuni oggi, altri nei prossimi giorni.

La prima a lanciare la proposta era stata Isabella Conti, sindaco di San Lazzaro di Savena nel bolognese: Hula Hoop nei parchi per consentire alle classi di fine ciclo di salutarsi, mantenendo le distanze. Un’idea accolta positivamente dal vice Ministro dell’Istruzione Anna Ascani, che aveva subito rilanciato l’iniziativa anche nel resto del Paese. Nella nostra regione sono tante le famiglie che nei giorni scorsi hanno chiesto con forza alle rispettive amministrazioni comunali l’ultimo giorno di scuola per i propri figli. L’appello è arrivato anche dall’Ordine degli Psicologi delle Marche che, attraverso la voce della sua Presidente, Katia Marilungo, ha ribadito l’importanza di regalare un momento di condivisione ai piccoli studenti, in particolare a quelli che si apprestano a concludere un ciclo di studi.

Non tutti hanno saputo ascoltare. In alcuni casi la questione è diventata oggetto di uno sterile botta e risposta politico. Così oggi ci sono stati bambini e ragazzi che, nonostante il Covid, nonostante le distanze, nonostante tutto, hanno avuto la possibilità di riappropriarsi di un pezzetto di normalità, adempiendo ad un rito che è fine e inizio al tempo stesso. E ci sono stati bambini e ragazzi che invece, nella propria stanza rifugio degli ultimi tre mesi, dietro ad un pc, magari con una connessione un po’ ballerina, hanno intravisto gli occhi lucidi dei loro insegnanti e quelli dei loro compagni di viaggio. Per loro, magari studenti di fine ciclo, non ci sarà un settembre per poter recuperare. E non basterà una vita per ridisegnare, nel bene e nel male, questo passaggio.

L’ultimo giorno di scuola sarebbe stato possibile per tutti. Con le misure giuste, pronti a rinunciare di fronte ad un nuovo innalzamento dei contagi. Si poteva fare. Oggi dobbiamo averne tutti l’assoluta consapevolezza. Una consapevolezza amara, perché non abbiamo saputo dare ai nostri bambini, ai nostri ragazzi la stessa, importante possibilità.

Veronica Fermani

Rispondi

%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: