Le nuove linee guida, la lunga trattativa con il Governo, il sostegno alle famiglie e la gestione di un’emergenza che ha segnato il tessuto sociale del nostro territorio: l’assessore regionale Loretta Bravi, con deleghe alla famiglia, all’istruzione e al lavoro, spiega quanto fatto dalla Regione sino ad oggi, illustrando i prossimi step che riguarderanno in particolare il ritorno sui banchi.

Assessora Bravi, gli ultimi  giorni sono stati estremamente concitati sul fronte scuola. Siete soddisfatti del risultato ottenuto dal dialogo con il Governo?

Siamo moderatamente soddisfatti, perché la ministra Azzolina ha accolto le richieste portate dalla IX commissione Istruzione e Formazione, quindi da tutti gli assessori regionali di competenza. Le richieste specifiche, che abbiamo rivolto al Governo, erano quelle di evitare le classi pollaio, di avere un organico potenziato per poter fronteggiare la situazione di emergenza, ripristinando inoltre il taglio fatto agli organici, di avere più risorse, di confermare le dirigenze e di reintrodurre il fabbisogno della fascia 0-6, non contemplata nelle linee guida. Abbiamo chiesto inoltre attenzione per la formazione professionale, che è uno di quei punti sui quali stiamo investendo molte risorse come Regione. E un tavolo tecnico separato per l’organizzazione dei servizi e dei trasporti. Quindi si, riponiamo speranze in questa intesa che ha accolto tutte le istanze.

Le linee guida emanate dal ministero dell’Istruzione lasciano ampio margine di autonomia su scala locale, anche e soprattutto nell’organizzazione della didattica in relazione agli spazi a disposizione. Da questo punto di vista, come sarà organizzata nelle Marche l’attuazione delle linee guida? Quando le famiglie potranno sapere come sarà organizzata la scuola dei propri figli a settembre?

Il 1° luglio alle ore 10 l’ufficio scolastico regionale ha aperto il primo tavolo al quale partecipano la Regione Marche, le province, l’ANCI, le parti sociali e le rappresentanze dei genitori. A questo tavolo siamo intervenuti proprio sulla base dell’autonomia stabilita nelle linee guida. Perché le direttive ministeriali auspicano un tavolo veloce, autonomo nella governance, capace di evidenziare delle criticità e di risolverle, individuando la priorità per l’uso delle risorse, incluso il miliardo in più aggiunto alla ministra. L’autonomia dunque ci consente di portale a livello nazionale il fabbisogno marchigiano di spazi e personale. L’obiettivo di questo tavolo, come da noi sottolineato proprio in sede di svolgimento, deve essere quello di giungere a metà luglio ad una mappatura dei fabbisogni relativi allo spazio scolastico e al numero delle classi marchigiane eccessivamente numerose. Riguardo proprio gli spazi, come regione abbiamo evidenziato delle criticità che riguardano tutte le province. Gli enti locali da parte loro si sono resi disponibili a trovare delle soluzioni. Quello che chiediamo fermamente all’ufficio scolastico regionale è di individuare il fabbisogno dell’organico. Vogliamo giungere a metà luglio quindi con la certezza degli spazi mancanti (o trovati) e del personale di cui la scuola marchigiana ha bisogno. Abbiamo anche evidenziato che vi sono numerose criticità relative alle scuole dell’infanzia e alle primarie. Classi e sezioni con un numero congruo di alunni per poter vivere dignitosamente la quotidianità scolastica.  Inoltre, in relazione alla Didattica A Distanza (DAD), abbiamo messo in evidenza che si ricorre ad essa esclusivamente in situazione di emergenza, perché uno dei paletti principali messi dalle regioni è quello della didattica in presenza. La DAD per i bambini più piccoli è risultata assai complicata. Si tratta di uno strumento che non può essere sostitutivo di un progetto educativo basato essenzialmente sulla relazione.

La Regione Marche è stata tra le prime a ricorrere, in via previdenziale, alla chiusura delle scuole lo scorso febbraio, proprio per circoscrivere al massimo il contagio. Secondo lei c’erano le condizioni perché il Governo nazionale potesse valutare una riapertura in fase3? Mi riferisco ad ogni ordine e grado e all’Università.

Riconfermo che la Regione Marche ha ben agito in via previdenziale a chiudere le scuole per circoscrivere il contagio. Le condizioni per una riapertura mi sono apparse, dai colloqui romani, molto difficili per varie ragioni. Sia per lo stato di fragilità che la pandemia ha creato, sia perché sono state seguite delle specifiche linee di sicurezza finalizzate a contenere la diffusione del virus. Ovviamente siamo consapevoli che la DAD non ha potuto sostituire pienamente la ripresa delle lezioni: nelle scuole medie e superiori, ad esempio, ci dicono alcuni ragazzi che è stata buona, ma altrettanti ci dicono che non è stata efficace e soprattutto che è stata portata avanti in modo diversificato, a seconda delle possibilità tecnologiche e anche delle motivazioni professionali. Credo che gran parte dei docenti si sia trovata inevitabilmente impreparata di fronte ad un’emergenza così forte. Quindi la Didattica A Distanza è stata indubbiamente anche molto faticosa. Sta di fatto che questo lungo lockdown per la scuola è stato penalizzante. Rispetto all’Università invece, il ministro Manfredi ha emesso delle linee guida con le quali si privilegiava la DAD, ma molti atenei si stanno organizzando per tornare in presenza. Anche perché l’università è un luogo di vita e formazione, un campus dove è necessario valorizzare l’aspetto non solo culturale, ma anche economico. Per i nostri atenei la presenza o meno dei ragazzi fa la differenza. Come Regione abbiamo riconosciuto dei criteri di sicurezza che gli atenei si sono dati laddove erano previsti rientri per laboratori e stage.

La pandemia ha messo a dura prova le famiglie marchigiane (e italiane più in generale) su vari fronti organizzativi. Tant’è che i primi dati parlano della rinuncia al lavoro da parte di un numero consistente di donne/mamme. Secondo lei le misure di sostegno previste (anche e soprattutto su scala nazionale) sono state sufficienti? O si poteva fare qualcosa in più?

C’è sempre una fascia, che è quella del welfare familiare, non considerata da tempo come risorsa primaria, ma come assistenzialismo. Lo dico perché da anni si parla di quoziente familiare, pari opportunità, di congedi, ma si arranca poi nella attuazione di queste modalità. Credo che, in questo momento così difficile, la scuola marchigiana sia andata avanti per la buona volontà delle famiglie e dei docenti. Perché chi ha a cuore la cura di un figlio o di uno studente non demorde e tira fuori le più grandi risorse, anche in un periodo di tristezza e sofferenza come quello della pandemia. Le misure a sostegno della famiglia ci sono state, ma problema è la ricaduta concreta di queste risorse. Risorse che non dovrebbero esserci solo in emergenza, ma come buona prassi a livello ministeriale e regionale.

A poche settimane dalla fine del suo mandato, quali sono i passaggi di cui va più orgogliosa e quelli invece che avrebbe voluto andassero diversamente? Se dovesse descrivere con un aggettivo la sua esperienza in giunta come la definirebbe?

Il dolore per le vertenze, la cassa integrazione, i disoccupati, la difficoltà di mantenere in vita e di rivitalizzare tante aziende: si tratta di esperienze umane molto forti soprattutto quando si vorrebbero attuare politiche attive e di investimento e invece ci si ritrova a dover traghettare tantissime aziende e lavoratori in una fase di stallo. Avrei voluto maggiori risposte nella grande lotta portata avanti per la scuola. Anche una maggiore sensibilità dell’ufficio scolastico regionale, che non c’è stata. Abbiamo avuto rapporti di grande rispetto, ma la coscienza della rete scolastica marchigiana non l’ho vista riconosciuta. Nonostante queste criticità, la mia esperienza di assessora la definirei operosa e costante, in quanto ha mirato essenzialmente ad un cambio di mentalità sui temi della formazione dell’apprendistato del matching tra scuola e lavoro, con lo sguardo rivolto essenzialmente ai fabbisogni delle aziende. Molte sono state invece le soddisfazioni per la riforma del diritto allo studio, avendo trovato ben 19 progetti nei cassetti. Soddisfazione per il lavoro portato avanti con le aziende e le misure messe a disposizione per la famiglia, i nidi, le disabilità e, da ultimo, gli oratori. La programmazione e la spesa completa delle risorse europee del Fondo Sociale Europeo (FSE) che ci hanno anche dato la premialità regionale.

Che cosa si sente di dire alle mamme della nostra regione?

Posso dire quello che vivo come mamma. Non posso augurare altro. Noi per i figli siamo un rifugio, una risorsa. Quando sono piccoli incarniamo l’accoglienza, quando sono più grandi l’autorevolezza e quando sono adulti come i miei cerchiamo di essere caute e in ascolto. L’augurio che voglio fare alle mamme marchigiane è quello di essere capaci di offrire il loro accompagnamento quotidiano all’interno della famiglia. Si tratta di un grande gesto affettivo ed educativo. E bisogna essere serene e convinte nel metterlo in atto. La famiglia resta il bene più grande, ma il più difficile da compiere.

Veronica Fermani

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