All’indomani della bocciatura, da parte della Commissione Bilancio della Camera, del pacchetto di misure destinate alla ricostruzione post sisma 2016, ecco la storia di Romina Grotti, mamma di origini toscane che vive nelle Marche da ormai 13 anni. Il 30 ottobre del 2016, la casa in cui era in affitto a Tolentino è venuta giù con il sisma. Da allora la sua vita e quella delle sue due figlie è stato un continuo peregrinare in cerca di sistemazioni tutt’altro che definitive. E il 30 giugno, proprio a Tolentino, è scaduto il termine di permanenza nelle strutture alberghiere.

di Veronica Fermani

Quando andai a vedere per la prima volta la casa che ci avrebbe accolto fino al sisma, chiesi ironicamente al proprietario <<Ma questa casa resiste al terremoto?>>. Lui mi disse che era assolutamente sicura. Il 30 ottobre 2016 le scale di quella stessa casa si sono letteralmente staccate dalla parete. Noi eravamo al terzo piano. Lì è iniziato il nostro calvario”. Nell’immediato post sisma il Comune di Tolentino decide di non ricorrere alle SAE, avvalendosi della sistemazione dei cittadini terremotati nelle strutture alberghiere della costa. “All’epoca le mie figlie avevano 14 e 4 anni. – racconta ancora Romina – “La prima nostra sistemazione è stata in un albergo a Loreto. Ma ci siamo rimasti solo un paio di settimane perché io lavoravo in un’impresa di pulizie a Tolentino, dove le mie figlie tra l’altro andavano a scuola. Ci siamo spostati a Civitanova e lì, per un po’ ho continuato la vita da pendolare. Poi ho deciso di licenziarmi perché con 6 euro di paga oraria, il guadagno con gli spostamenti quotidiani era nullo. Sapevo che in quel momento così difficile, abbandonare il lavoro era da incoscienti, ma non potevo fare altrimenti. L’alternativa era tornare a Tolentino e sistemarsi negli stanzoni destinati ai terremotati, dove più di una volta avevo fatto le pulizie. Oltre 100 persone, con brandine e due soli bagni. Non potevo portare lì le mie figlie. Siamo rimaste a Civitanova per 5 mesi, dopodiché abbiamo dovuto lasciare l’albergo che doveva prepararsi ad accogliere i turisti per la stagione estiva. Ci hanno trasferito a Porto Recanati, in una struttura collocata nella parte interna che ha deciso di sacrificare la sua stagione per ospitare i terremotati. In tutto abbiamo fatto 8 traslochi in 3 anni”.

Una situazione difficile anche per le figlie di Romina. “La maggiore ha finito le medie in una scuola privata e poi ha iniziato le scuole superiori. La più piccola ha dovuto cambiare 3 asili con tutto ciò che questo ha comportato: inserimenti, cambi di insegnanti, ambienti nuovi. Purtroppo, il fatto di avere due figlie a carico non mi ha agevolata in alcun modo rispetto alla sistemazione. L’unico accorgimento che hanno avuto è stato quello di dotarmi sempre di una cucina, perché avendo un’alimentazione prevalentemente vegetale per disturbi allo stomaco, ho la necessità di cucinarmi. Le prime due settimane dopo il sisma, con i pasti della mensa comunale, ho avuto seri problemi”. Sul fronte lavoro Romina si è sempre data da fare: “A Civitanova avevo trovato occupazione in un ristorante, che mi permetteva, con gli orari, di esserci quando le figlie tornavano a casa da scuola. Ho dovuto abbandonare però quando ce ne siamo andate da Civitanova”.

Ad un certo punto si riaccende la speranza: il Comune di Tolentino avvia l’assegnazione dei primi 23 appartamenti destinati alle famiglie terremotate. Si tratta di strutture da ultimare, per le quali probabilmente servirà qualche mese di lavoro. Romina rientra in questa assegnazione. “Non avevamo alcuna aspettativa prima di quell’assegnazione. Ma poi abbiamo iniziato davvero a sperarci. Tant’è vero che la mia piccola doveva iniziare le elementari e ho deciso di spostarmi da Trodica (dove da qualche tempo eravamo ospiti in un B&B) a Tolentino, sempre in un’altra struttura alberghiera, per farle iniziare lì la primaria in vista della sistemazione nella nuova casa. Ma dopo un anno, i lavori nelle strutture assegnate non erano ancora iniziati. Mia figlia ora frequenta la terza elementare e siamo ancora in un albergo. L’aspettativa è morta, così come la voglia di fare qualunque progetto per il futuro. Non è facile vivere senza la possibilità di programmare il domani. In molti ci dicono <<ma di che vi lamentate? Vi pagano tutto e siete eternamente in vacanza>>” e io mi arrabbio perché non è affatto così. Lo scorso febbraio sono stata presa dallo sconforto. Guardando mia figlia grande ho pensato quanto possa essere difficile per lei dover passare la sua adolescenza in una stanza di albergo. Come madre mi sono sentita incapace di dare un futuro alle mie figlie. Sono andata dalla padrona dell’albergo e le ho chiesto se c’era la possibilità di trovare una sistemazione che avesse degli spazi diversi da quelli di una camera con bagno. Lei ci ha trovato un piccolo appartamento dove viviamo da febbraio e dove, fortunatamente, abbiamo potuto trascorrere tutto il periodo di lockdown”. Ma neanche questa sistemazione è risultata essere definitiva. “Sapevamo che la casa doveva essere sottoposta a ristrutturazione tra un anno e invece ci arriva la comunicazione che avremmo dovuto lasciarla entro il 30 giugno, perché proprio in quella data scadeva l’ospitalità in alberghi e bed and breakfast. Al momento ci hanno detto che possiamo rimanere qui, ma siamo ovviamente in attesa di sapere come andrà. E il disagio e la rabbia prendono il sopravvento”.

Con la scadenza del 30 giugno, non solo Romina, ma anche altre famiglie di Tolentino ospiti di strutture alberghiere hanno dovuto fare i conti con la possibilità concreta di una nuova destinazione. “Dopo 4 anni non è possibile che le persone vengano ancora una volta sballottate da una parte all’altra. – dichiara Flavia Giombetti, Presidente del comitato 30 ottobre di Tolentino – Con la scadenza del 30 giugno, le famiglie hanno dovuto abbandonare le strutture ospitanti e sono state trasferite in altro albergo o casa a Porto Potenza Picena e a Macerata con contratto di accoglienza a sei mesi.  E dopo che cosa accadrà? Una di queste è dovuta addirittura tornare in un container. Le case assegnate non sono ancora state consegnate, a Tolentino non ci sono immobili disponibili da poter affittare e i paesi limitrofi sono tutti terremotati. Il Comune quattro anni fa ha fatto delle scelte politiche ben precise, decidendo di non ricorrere alle SAE e oggi deve assumersi le proprie responsabilità. I soldi sono stati spesi male, destinati anche a chi non ne aveva realmente bisogno e la situazione non è più sostenibile. Si ha davvero il coraggio di chiedere a queste persone, dopo quattro anni, di continuare a vivere nell’incertezza?”.

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