Michela, mamma di un adolescente con necessità di sostegno nello studio, racconta le difficoltà quotidiane nel rapportarsi con un sistema scolastico vecchio e standardizzato, non solo in epoca di pandemia. “La DAD? Un fallimento per tutti. Gli adolescenti debbono tornare a scuola in presenza o il disinteresse per lo studio dilagherà. E li perderemo”.
“Come mamma e come famiglia abbiamo sempre dovuto combattere i luoghi comuni legati alla fragilità di mio figlio. A scuola e non solo. Purtroppo, anche confrontandosi con altri genitori, emerge come ogni volta bisogna lottare per ottenere quello che dovrebbe essere un diritto acquisito”. Michela è una mamma di Civitanova Marche. Suo figlio più piccolo frequenta il secondo anno in un Istituto Tecnico del nostro territorio. Un ragazzo “fragile”, come lo definisce lei, che, soprattutto negli ultimi mesi, ha dovuto affrontare tantissime difficoltà. “Ho lasciato il mio lavoro per aiutarlo con lo studio. La didattica a distanza lo ha fatto sentire sin da subito in uno stato di completo abbandono. La sua insegnante di sostegno non prendeva parte “visivamente” alle lezioni quotidiane on line perché sprovvista, a suo dire, di una webcam funzionante. Così a mio figlio è venuta meno quell’attività di spiegazione e semplificazione fondamentale per acquisire nozioni. Ho fatto presente questo suo disagio agli insegnanti. Uno di loro mi ha risposto che potevo fargli dire “presente” all’appello e poi farlo tornare a dormire. Ho mollato tutto e mi sono messa accanto a lui. Ho studiato cose che esulano completamente dal mio titolo di studio, per aiutarlo nell’organizzazione dei contenuti. Con mia figlia, che frequenta l’università, e mio marito abbiamo fatto gioco di squadra. L’ambizione di mio figlio e il suo desiderio di ottenere buoni risultati hanno fatto il resto. Poi il 4 maggio ho deciso di riprendere il mio lavoro. Assisto una bambina disabile e il non percepire lo stipendio per due mesi è stato davvero pesante sul piano economico. Per non abbandonare mio figlio però abbiamo deciso di utilizzare una telecamera, posizionandola davanti al pc. Così riprendevamo le lezioni, che poi io mi rivedevo la sera, semplificando e spiegando. Alcuni insegnanti si sono dimostrati più sensibili di altri e mi hanno aiutato, dicendomi cosa era meglio fare. Devo ringraziare anche il comitato Priorità alla scuola, sorto spontaneamente qui a Civitanova. Ci è stato di grande aiuto. Come famiglia ci siamo sentiti meno soli.
Alla fine mio figlio è stato promosso con la media del 8.78”. Una situazione difficile, non certo rosea già prima della pandemia: “La scuola non si rinnova, non va avanti, standardizza. I ragazzini che hanno necessità di un sostegno vengono considerati tutti uguali. E con tutti viene applicato lo stesso metodo. Non è così che dovrebbe funzionare. Noi genitori quando ci preoccupiamo e gridiamo a nome dei nostri figli veniamo considerati “ansiosi”. Non siamo ansiosi. Siamo semplicemente presenti”. E da genitore che ha preso parte quotidianamente alle lezioni on line, la critica di Michela verso la DAD è durissima: “Ho scritto anche una lettera al dirigente. Credo che dopo questa esperienza, la percentuale di abbandono scolastico nei nostri istituti superiori subirà una crescita inevitabile. Sono tanti i ragazzi che hanno “lasciato andare” la scuola con il lockdown. Per i più piccoli, i genitori hanno fatto da sentinelle. Ma gli adolescenti, nella quasi totalità dei casi, hanno gestito da soli la didattica on line. E in molti hanno mollato. Per questo è importante, anche per i più grandi, un ritorno in presenza. Perché se il disinteresse per la scuola dovesse prendere il sopravvento, recuperare questi ragazzi sarà difficilissimo. L’età dell’adolescenza è già di per sé molto critica. La frequentazione dell’ambiente scolastico è fondamentale. La DAD non è scuola. Sarò pronta a tutto per far tornare mio figlio, i nostri figli, a scuola in presenza. Anche perché l’alternativa sarà perderli senza possibilità di ritorno”.