Riccardo Rossini, Presidente dell’ANP Marche (Associazione Nazionale dei Presidi), a poche settimane dalla riapertura delle scuole, individua i nodi ancora irrisolti: “Navighiamo a vista. Le notizie che ci giungono sono interlocutorie e in certi ambiti, come nel caso della responsabilità dei dirigenti, la situazione è surreale”.

Trasporto scolastico a singhiozzo per rispettare le misure di distanziamento; aule inadeguate con la necessità di ripensare gli spazi; paura per una chiusura la cui responsabilità rischia di ricadere sulle spalle dei dirigenti. Riccardo Rossini, Presidente dell’ANP Marche (Associazione Nazionale dei Presidi) fa il punto rispetto alla situazione delle scuole nella nostra regione.

Professor Rossini, a poche settimane dalla riapertura, qual è la fotografia della istituti scolastici marchigiani?

Ad oggi il 5% delle aule non è ancora idoneo. Proprio in questi giorni gli enti locali e gli altri soggetti preposti stanno lavorando per gli adeguamenti. Nonostante questo, probabilmente alcuni lavori non saranno del tutto conclusi. E ci sono casi che non sono in alcun modo sanabili, dove dovremo ricorrere a soluzioni alternative come la Didattica A Distanza o i turni di lezione.

Il problema che più ci preoccupa però è il trasporto. Sulla base di quanto stabilito dalla Regione Marche, i pullman potranno essere utilizzati al 60% della loro capienza. Il restante 40%, parlando di studenti, o si organizza con trasporto autonomo, o non viene. Per questo stiamo cercando soluzioni organizzative, a livello di didattica, che ci consentano di ridurre in qualche modo il numero di studenti trasportati. Stiamo davvero navigando a vista.

Su scala nazionale la vostra Associazione ha sollevato il problema della responsabilità che investirebbe proprio i dirigenti in caso di contagio tra le mura scolastiche. Lei cosa ne pensa?

È una situazione surreale. Se non si interviene giuridicamente, c’è il rischio che il virus venga equiparato a qualunque altro rischio scolastico. Ciò significa che se io ho una finestra rotta nella mia scuola, non la faccio riparare e un alunno si fa male, come dirigente vado giustamente incontro a delle conseguenze che al momento sarebbero le stesse se avessi un caso di coronavirus nella mia scuola. Con la differenza che io non posso dire al virus “non entrare”. Equiparare i due rischi è assurdo. Se io rispetto tutti i protocolli, non posso avere delle responsabilità sul contagio perché i miei alunni o il mio personale potrebbero benissimo averlo contratto fuori il virus.

Che cos’altro vi preoccupa sul fronte contagio?

Ci auguriamo davvero che in apertura dell’anno scolastico i contagi siano al minimo. Abbiamo chiuso le discoteche ed è giusto così. Ma dobbiamo essere consapevoli che anche la scuola è un assembramento. È un luogo chiuso, dove la densità è elevata. Gli studenti girano nei corridoi, frequentano i laboratori, entrano ed escono dal bagno. Penso sia irrazionale pensare ad una quarantena in classe. Rischiamo di trasformare la scuola in qualcosa di asettico, con regole rigide che poi, una volta fuori, i nostri ragazzi non hanno. E quindi il rischio di contagio torna. E io la vedo difficile, al primo caso di Covid, circoscrivere tutto ad una sola classe.  È giusto lavorare e  fare di tutto per una ripartenza, perché la scuola è importantissima. Ma dobbiamo essere anche consapevoli di ciò che potrebbe accadere. Un elemento che, a mio avviso, poteva essere di grande aiuto era l’istallazione di termoscanner all’ingresso, perché la rilevazione della temperatura anche per gli studenti (non obbligatoria secondo le linee guida, ndr), ci avrebbe dato una grossa mano ad individuare i soggetti in stato febbrile prima del loro accesso alle aule. Così avremmo potuto in qualche modo abbattere il rischio di contagio. Medico e psicologo a scuola? Serviva altro.

Veronica Fermani

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