Francesca Cingolani è titolare, insieme alla suocera, del ristorante Bistrò Cucina&Vini di Camerano: “Ci siamo impegnati molto in questi mesi per garantire la sicurezza dei nostri clienti, ma non è servito a nulla. Ci hanno privati ancora una volta del nostro lavoro e dei nostri clienti. E con tre figli la chiusura pesa sul bilancio familiare”.

“Ci sentiamo presi in giro. La decisione del Governo di non chiudere, colpendo solo alcune categorie, non ha alcun senso. Serviranno ristori consistenti perché, nonostante la chiusura alle 18, noi abbiamo un affitto da pagare per intero e le bollette che, facendo servizio da asporto, non si alleggeriranno più di tanto” Francesca è arrabbiata. Il ristorante di cui è titolare, insieme alla suocera, dovrà riorganizzare completamente la sua attività, dopo le misure stringenti previste dall’ultimo DPCM del 25 ottobre per il contenimento della pandemia da Covid 19. Una mazzata che arriva dopo le enormi difficoltà avute anche con il primo lockdown. “Il nostro locale si trova in pieno centro a Camerano e dal 2015, anno in cui mia suocera ha avviato l’attività, abbiamo sempre lavorato quasi esclusivamente a cena. – si lascia andare al racconto e la passione prende il posto della rabbia – Lo gestiamo in famiglia per gran parte dell’anno. Io mi occupo della sala, mio marito è lo chef – architetto del nostro menu e mia suocera, di origini molisane, si occupa della pasta fresca. Abbiamo una carta dei vini a cui teniamo molto e con la quale cerchiamo di favorire la scoperta di nuove, piccole aziende della zona. Il territorio è il nostro punto di riferimento non solo per i vini, ma anche per altri prodotti della nostra tradizione, come ad esempio il tartufo”.
Un servizio difficile da mantenere con la nuova normativa. “Dovendo chiudere alle 18 non possiamo più puntare sulla cena. Proveremo a lavorare sul pranzo, ma il servizio in quel caso ha delle caratteristiche diverse in termini di semplicità dei piatti, velocità di preparazione e anche di costo. In più noi non ci troviamo in una zona industriale, ma all’interno di un centro storico, dove non c’è parcheggio e dove si dovrebbe venire appositamente per pranzare”. E l’asporto? “Durante il primo lockdown abbiamo effettuato consegna a domicilio allargando anche le preparazioni con piatti un po’ inconsueti, come ad esempio il sushi. Abbiamo voluto sperimentare ed è andata molto bene. Ma è stato davvero faticoso. Non eravamo attrezzati per la consegna. Ci servivano mezzi e personale per garantire la rapidità. Tenendo conto che servivamo le zone di Camerano, Numana, Sirolo, Osimo, Castelfidardo e Ancona, il guadagno effettivo è stato davvero minimo. Diciamo che le due tranche da 600 euro stanziate dal Governo sono servite davvero a poco, alla luce degli introiti persi”.
L’estate ha dato un po’ di ossigeno. “È andata indubbiamente bene. Le persone, dopo tanti mesi in casa, avevano voglia di uscire e di godersi quello che il territorio ha da offrire. Compresa l’enogastronomia. L’avere nel nostro ristorante una terrazza che si affaccia sul Belvedere è stata un’attrattiva in più, anche per i turisti. Abbiamo investito sulla sanificazione all’ozono e sul tovagliato, affidandoci ad una lavanderia che ci garantiva tutte le certificazioni necessarie. Tante piccole accortezze che abbiamo attuato per poter lavorare in sicurezza. Con l’abbassamento delle temperature siamo tornati a lavorare all’interno: il nostro locale è raccolto e ospita una cinquantina di coperti circa. Per il distanziamento non è stato un problema, considerato che, a prescindere dal Covid, abbiamo sempre cercato di offrire ai nostri clienti la possibilità di avere una loro intimità. Il nostro impegno non è servito a molto. Per l’ennesima volta, ci siamo visti privati del nostro lavoro e della nostra clientela”.
Francesca ha 3 figli di 15, 5 e un anno e mezzo. E se le chiedi se avesse preferito la scuola chiusa al ristorante sempre aperto ti risponde con decisione: “Dobbiamo convivere con questo virus. Le scuole dovrebbero essere intoccabili. C’è molta attenzione in ambito scolastico. Mio figlio grande passa 5 ore su 5 con la mascherina alzata. Non è certo la scuola l’ambito di proliferazione del virus. Basta pensare ai mezzi pubblici. Lo scorso anno il liceo che frequenta ad Ancona aveva un autobus dedicato. Quest’anno, anziché potenziare il servizio, hanno tolto quel mezzo, così lui si ritrova ogni giorno stipato con tantissimi studenti di diversi istituti senza riuscire nemmeno ad arrivare a timbrare il biglietto. Ecco, questo dimostra tutta l’incongruenza delle misure che sono state attuate”. Un pensiero al Natale. “Mi auguro che per Natale tutto questo abbia veramente fine. Mi auguro che potremo ricominciare a lavorare per ricostruire un po’ di serenità. Nel primo lockdown l’estate era alle porte. Questa volta non sarà così. Abbiamo molti mesi davanti a noi e tanta paura di non farcela”.