Il parere di Roberta Cesaroni, psicologa e life mental coach specializzata in coaching adolescenziale, sulle conseguenze delle pandemia vissuta dai nostri ragazzi. “L’adolescenza è un periodo fondamentale per la formazione dell’individuo”.
di Elisabetta Pieragostini

Quei giorni tra febbraio e marzo 2020 hanno cambiato radicalmente la vita di molti ragazzi in tutto il mondo. Abitudini e consuetudini sradicate per tanti nell’arco di 24 ore senza sapere se, come e quando le cose sarebbero tornate a quella routine che li aveva visti crescere nelle loro piccole sicurezze infantili e adolescenziali. Inutile negare che sono tanti gli effetti e le conseguenze della pandemia sui giovani, soprattutto da un punto di vista psicologico. Sono i bambini e i ragazzi quelli che hanno perso più di tutti? Sono loro ad aver lastricato il loro percorso con pezzi della loro storia costretti a stare chiusi in casa senza poter avere contatti fisici con gli amici? Certo, non è una gara a chi ha perso di più tra giovani e adulti. Ne parliamo con Roberta Cesaroni, psicologa e life mental coach, esperta e specializzata in psicologia e coaching adolescenziale.
- Dottoressa Cesaroni, quanto è importante la famiglia oggi in questa pandemia, anche se lo è sempre stata ovviamente, ma che ruolo assume ora? Cosa possono fare i genitori oggi per aiutare i loro figli sia più piccoli che adolescenti? Cosa possiamo fare noi genitori per supportare i nostri figli in questo momento delicato?
I ragazzi sanno molto più di quello che i genitori dicono o vorrebbero dire loro. I ragazzi colgono i nostri sentimenti, le nostre preoccupazioni, gli argomenti che cerchiamo di celare loro e di dirci in modo criptato, ci ascoltano e si rendono partecipi, pur stando in silenzio.
Parlate in modo diretto
Meglio parlare con loro in modo diretto, e coinvolgerli nei discorsi che possono comprendere.
Dite sempre la verità
Ascoltate le loro domande, rispondete con sincerità e chiarezza. C’è qualcosa che vuoi chiedermi qualcosa che non hai capito? Se ve la sentite chiedete direttamente al bambino come si sente (cosa pensi tu? Che cosa provi? Sai anche io ho un po’ paura ma so che presto tutto si sistemerà). Mettiamo in gioco le nostre emozioni, comunichiamo loro che anche a noi questa situazione preoccupa ma che siamo fiduciosi che presto tornerà tutto come prima, perché ci sono persone importanti, medici, scienziati che lavorano per trovare la soluzione per sconfiggere questo virus.
A volte i bambini chiedono perché le persone muoiono. Anche in questo caso, semplicemente rispondete e dite la verità. I bambini acquisiscono la nozione dell’irreversibilità della morte verso i nove anni; già dalla primissima infanzia hanno esperienza ravvicinata con la morte, le foglie che cadono, i fiori appassiti, gli animali domestici. È giusto parlarne e anche in questo caso spiegare loro la verità in modo semplice e chiaro, senza dilungarsi troppo, senza giri di parole.
E poi coccole, abbracci, baci e carezze. Queste non devono mai mancare. Proprio mai.
- Quali sono secondo lei gli effetti più drammatici che riscontra nei giovani?
Vedo occhi spenti, demotivazione, senso di spaesamento, gli anni dell’adolescenza sono anni dell’ispirazione, dell’autorealizzazione, tutto questo è stato messo in standby. Le loro potenzialità depotenziate, i loro sogni schiacciati, le loro relazioni scomparse, gli amori (questi sono gli anni dell’amore), i loro sensi messi a tacere. Tutto questo porta a mettere in circolo cortisolo.
- È importante l’aiuto esterno di psicologi e psicoterapeuti? Come? E quali sono i primi segnali che ci dovrebbero mettere in allerta?
Un professionista esperto potrebbe essere un buon aiuto, ma lo suggerirei più agli educatori che ai giovani. I ragazzi vivono le nostre emozioni, vivono le emozioni dell’ambiente che li circonda. Dobbiamo aiutare i genitori, gli adulti a riprendere in mano la vita, a viverla senza paura ed angoscia.
I primi segnali degli adolescenti che devono preoccuparci, sono chiusura nelle loro stanze, apatia, solitudine, preferenza della tecnologia alle relazioni.
- Un’ultima domanda dottoressa, pensa che l’utilizzo di dispositivi digitali per la DAD possa aumentare la loro dipendenza dai social o al contrario stancarli nella scoperta del mondo digitale perché collegano questo strumento a un brutto periodo?
L’adolescenza è un periodo fondamentale nella formazione dell’individuo. La transizione psicologica e neuro-biologica che caratterizza questa fase darà poi forma al cervello adulto. Durante questo periodo il cervello si modella, si definiscono le reti di connessione neurale che consentono all’individuo di acquisire competenze cognitive, emotive, relazionali e affettive, che rimarranno stabili per il resto della vita. La salute mentale è tra i capisaldi del benessere individuale.
Gli adolescenti sono particolarmente esposti ai fattori che possono favorire l’esordio e il mantenimento di tali patologie.
Numerosi studi scientifici hanno dimostrato che l’utilizzo eccessivo di smartphone, gaming, internet e social network provoca effetti sullo sviluppo cerebrale. In particolare, negli adolescenti con dipendenza marcata da smartphone sono state osservate modificazioni della materia bianca (prevalentemente dei fasci di connessione cortico-subcorticali) simili, almeno in parte, a quelle riscontrate in soggetti con dipendenza da internet. Alcuni studi hanno segnalato ad esempio, un peggioramento sintomatologico nei bambini e negli adolescenti affetti da Disturbo da Deficit di Attenzione/Iperattività (ADHD) e rischi elevati per soggetti con forme di autismo ad alto funzionamento (sindrome di Asperger).
L’utilizzo eccessivo degli strumenti tecnologici può portare alla perdita del contatto con la vita scolastica e di relazione, può costituire una soluzione inconsapevole alle difficoltà della vita reale, può riempire il vuoto che deriva dalle difficoltà di interagire con gli altri creando un falso equilibrio che sfocia in forti crisi nel momento in cui lo si interrompe. L’adolescente rischia così di isolarsi e di perdere una fase fondamentale della propria vita, un periodo di straordinaria ricchezza e potenzialità.
Diversi studi hanno analizzato gli effetti cognitivi dell’esposizione al gaming e hanno mostrato che i videogame migliorano l’attenzione visiva e la coordinazione, ma inducono a comportamenti impulsivi e aggressivi. La struttura di questi giochi, ideata con l’incentivo a raggiungere il livello successivo per avere il premio finale, è molto attraente per ragazzi dipendenti dalla ricompensa e dimostra che chi ha sviluppato questi giochi conosce bene gli adolescenti e la loro neurofisiologia.
«La presenza ubiquitaria della tecnologia provoca quella che potremmo definire sovrastimolazione sensoriale», spiega Claudio Mencacci, medico psichiatra, direttore Dipartimento Neuroscienze e salute mentale dell’Azienda Socio Sanitaria Territoriale (ASST) Fatebenefratelli – Sacco di Milano. «I ragazzi sono sempre esposti a micro-stimolazioni attraverso gli smartphone. Alert, messaggi e like tendono a creare uno stato di allerta, con conseguenze che si riscontrano sull’attenzione, sulla memoria e sui ritmi del sonno. Quasi il 90% dei ragazzi riferisce di aver sperimentato il fenomeno della ‘vibrazione fantasma’ ovvero del falso allarme di ricezione di un messaggio sul cellulare».
«La tecnologia permette enormi vantaggi sul versante dell’acquisizione delle conoscenze, specialmente di conoscenze settoriali e tecniche, mentre rischia di non aiutare nella creazione delle competenze emotive, affettive e relazionali»
Fondamentale è il ruolo della famiglia, dei genitori, dare disciplina, regole, amore e tempo.