di Elisabetta Pieragostini
Oggi se ne parla sempre di più ma la luce sull’endometriosi è ancora flebile, considerando il numero di donne (e persone in generale) che ancora non conoscono questa patologia.
Oggi ne parliamo con tre volontarie della sezione marchigiana di APE, Associazione Progetto Endometriosi, che ci hanno messo a disposizione la loro esperienza e la loro conoscenza sulla patologia endometriosica.
È importante per noi parlare di endometriosi. Sappiamo che l’endometriosi è una malattia complessa, è possibile spiegarla in maniera semplice per aiutare chi ci legge a conoscerla più agevolmente?
Grazie a voi per l’opportunità di parlarne. L’endometriosi è una patologia cronica legata ai genitali femminili. La malattia si manifesta quando cellule dell’endometrio, il tessuto che riveste l’utero, migrano in altre sedi del corpo.
È una patologia molto frequente nella popolazione, le stime parlano del 10% delle donne in età fertile. Colpisce prevalentemente donne tra i 25 e i 40 anni. Solo nel nostro Paese sono colpite più di tre milioni di donne.
I sintomi di questa malattia sono diversi; si manifesta generalmente con dolore pelvico, soprattutto in fase pre-mestruale, con mestruazioni dolorose, gonfiore addominale, dolore durante i rapporti sessuali o in alcuni casi durante la minzione e la defecazione, mal di testa, mal di schiena, stanchezza. Questo dolore, se costante durante tutti i cicli, non va sottovalutato, va richiesta una visita ginecologica in uno dei centri specializzati. Ci tengo molto a sottolineare che il dolore durante TUTTI i cicli, a differenza di quanto c’è stato inculcato non è normale! (Lara)
La patologia endometriosica è stata classificata in quattro distinte fasi dall’American Society for Reproductive Medicine (ASRM), l’organizzazione dedicata al progresso della scienza e della pratica della medicina riproduttiva.
La classificazione degli stadi si basa sul livello di estensione e gravità dei danni, che condiziona le possibilità di trattamento:
Stadio 1 – Endometriosi Minima: l’estensione della patologia è minima e si caratterizza per la presenza di pochi millimetri di tessuto endometriale al di fuori dell’utero, localizzati in posizione superficiale nei tessuti.
Stadio 2 – Endometriosi Lieve: è caratterizzata da un maggior numero di lesioni, che risultano anche più profonde.
Stadio 3 – Endometriosi Moderata: l’estensione è maggiore. Sono presenti cisti ovariche (endometriomi) mono o bilaterali e tessuto aderenziale e/o cicatriziale tra gli organi pelvici.
Stadio 4 – Endometriosi Grave: impianti endometriosici molto profondi e presenza di voluminose cisti su una o entrambe le ovaie. Inoltre esiti cicatriziali e aderenziali importanti.

L’endometriosi è legata alla maternità, cosa se ne sa ad oggi?
“Eh già, molto spesso si scopre di avere l’endometriosi quando si inizia a cercare una gravidanza.
Questa malattia purtroppo è una delle cause d’infertilità.
Il deposito di tessuto endometriale e lo stato infiammatorio possono rendere molto difficoltosa l’inseminazione e l’impianto dell’embrione.
Per quanto mi riguarda, per fortuna, non è stato così. Ho avuto la mia prima diagnosi di endometriosi nel 2000, diagnosi con un ritardo di 4 anni che è da considerare relativamente breve visti gli standard. Alla fine dell’anno successivo sono stata operata in laparoscopia e mi è stato consigliato di provare subito ad avere una gravidanza. Nel 2004 è nata Sofia e nel 2007 Gaia”. (Lara)
“Endometriosi e maternità sono due aspetti molto legati in quanto la malattia colpisce gli organi genitali femminili e può ridurre la fertilità.
Questo però non vuol dire che le donne affette da endometriosi non possano avere figli ma occorre essere informate e consapevoli anche su questo tema.
La mia esperienza personale ritengo che raccolga alcuni punti fondamentali sul legame endometriosi e maternità:
- A 26 anni ho ricevuto una diagnosi immediata di endometriosi e questo ritengo che sia stato fondamentale per preservare le possibilità di diventare madre;
- Affetta da endometriosi al 4 stadio non sono riuscita a rimanere incinta in modo naturale ma grazie alla fecondazione assistita. Anche su questo tema ritengo che debba esserci più informazione e consapevolezza;
- L’endometriosi può rendere difficile anche la gravidanza causando problematiche, come è stato nel mio caso, di placenta previa, parto cesareo e nascita prematura del bambino.
Endometriosi non vuol dire “non diventerò mai madre” ma se si ha questo desiderio è necessario essere seguite da un professionista esperto in questa patologia”. (Silvia)
“La mia diagnosi di endometriosi avviene quando avevo 31 anni (con enorme ritardo diagnostico) e sono stata sottoposta ad un intervento chirurgico di eradicazione endometriosi presso un centro specializzato.
A sei mesi dell’intervento rimango incinta naturalmente della mia prima figlia, con mia enorme sorpresa. A distanza di sette anni decido di provare una nuova gravidanza (avevo quindi già 39 anni) e rimango di nuovo incinta naturalmente.
La gravidanza con endometriosi è quindi possibile, anche se in alcuni casi è necessario ricorrere alla fecondazione assistita. Ritengo che sia necessario informare il più possibile su questo aspetto perché molte donno considerano l’endometriosi un impedeimento alla maternità”. (Caterina)
Qual è il vostro supporto alle donne che si trovano in questa situazione?
“Noi volontarie dell’APE abbiamo dei compiti molto importanti. Innanzitutto quello di supportare le donne con diagnosi di endometriosi nell’accettazione della malattia, perché è vero che dall’endometriosi non si guarisce ma è altrettanto vero che se impari a conoscerla ( e a conoscere e rispettare il tuo corpo) allora ci si può convivere.
Un altro aspetto fondamentale sul quale ci impegniamo è fare informazione, tramite incontri, convegni e mondo social. Purtroppo molto spesso il ritardo nella diagnosi crea molti danni fisici e psicologici alle donne, per cui il nostro compito è quello di far conoscere la malattia sia alle giovani ragazze ma anche ai medici, tramite cosrsi di formazione specializzati”. (Caterina)
“L’APE è arrivata alle ragazze nelle scuole, a donne di qualsiasi età e anche ai medici tramite corsi di formazione specializzati.
Il mio supporto personale è quello di condividere la mia esperienza tramite incontri, o una semplice condivisione tra amiche piuttosto che tramite social.
Credo fermamente che Informazione e consapevolezza siano due pilastri fondamentali, strumenti indispensabili per far sì che anche le nuove generazioni siano formate da giovani donne consapevoli”.(Silvia)
Il 3 dicembre farete informazione nelle scuole, come si svolgerà il tutto?
Solitamente nei primi 5 minuti ci presentiamo e lasciamo la parola agli esperti. Il ginecologo fornisce concetti chiave per far sì che tutti abbiamo ben chiara la parte anatomica, quando interviene lo psicologo solitamente le ragazze iniziano ad aprirsi perché tocchiamo l’emotività, infine noi volontarie che raccontiamo la nostra esperienza.
Lasciamo di solito circa 45 minuti per le domande. Ogni volta che facciamo uno di questi incontri ne esco veramente piena di gioia, perché se quello che stiamo facendo può aiutare anche solo una delle ragazze che ho di fronte, beh, abbiamo vinto. (Lara)
“Questi incontri sono uno dei punti di forza dell’APE. Sono rivolti alle ragazze delle IV e V superiori e sono volti alla conoscenza della malattia. È importante far sapere loro che se ci sono dei sintomi come dolore mestruale, mal di testa, mal di schiena, dolore durante i rapporti sessuali, dolore alla minzione e defecazione, gonfiore addominale allora non bisogna sminuirli come “normali perché siamo donne”, ma necessitano di un approfondimento diagnostico.
Il nostro compito principale è ridurre il tempo di diagnosi e contiamo sulla consapevolezza della malattia per poterlo raggiungere”. (Caterina)
Quali sono i vostri progetti per il futuro?
“Ape è sempre in continuo movimento, sicuramente un obiettivo che accumuna noi volontarie è far crescere APE Marche tramite eventi e incontri nel nostro territorio”. (Silvia)
“E ricordiamo anche il progetto Comprendendo nelle scuole e i corsi di formazione del personale sanitatario” (Lara)