Silvia Polenta, psicologa e psicoterapeuta familiare, spiega come affrontare questo particolare momento di pausa forzata dalla routine quotidiana. “Non pensiamo ad un periodo sprecato, ma anzi trasformiamolo in condivisione e riscoperta. Dobbiamo essere chiari con i nostri figli senza trasferire loro ansie e preoccupazioni”.

Scuole chiuse, cambiamento di abitudini e un po’ di preoccupazione sui volti e nelle parole di mamma e papà. “I bambini, anche i più piccoli, hanno le antenne. È quindi molto probabile che abbiano capito che c’è qualcosa che non va in queste giornate diverse. La chiarezza è il miglior modo per rispondere ai loro dubbi”. Silvia Polenta, psicologa e psicoterapeuta familiare, spiega l’importanza di affrontare con i propri figli, senza paura, la questione coronavirus. Con alcuni fondamentali accorgimenti. “Non possiamo dire loro che la scuola è chiusa per vacanze.  Dobbiamo parlare sinceramente, con un linguaggio chiaro e semplice, tarato sull’età del bambino. Ai più piccoli, fino a 6/7 anni per intenderci, possiamo raccontare che non si va a scuola per qualche giorno perché c’è un animaletto che provoca un’influenza un po’ antipatica in giro, che può far venire molta tosse. Per questo i grandi, i medici, hanno deciso che è meglio stare a casa. Non è necessario scendere troppo nel dettaglio, né tanto meno provocare allarmismi”.

Da questo punto di vista, attenzione alle immagini. “Bisogna evitare che i bambini più piccoli vedano i telegiornali. I messaggi veicolati, il linguaggio utilizzato e soprattutto le immagini possono suscitare dubbi e paure. Già solo il fatto di vedere un volto coperto da una mascherina può essere motivo di preoccupazione per loro. Ovviamente nei più grandi questo accade di meno, ma anche in quel caso è sempre necessaria la supervisione di un genitore di fronte a contenuti informativi come quelli che stanno circolando”. Com’è possibile arginare le loro eventuali paure? “Proprio perché, come dicevo, i bambini hanno le antenne, è molto probabile che qualche ansia possa emergere in loro. In quel caso dobbiamo favorire il fatto che le possano esprimere. Ad esempio rispondendo alle loro domande, anche se sono ripetitive. O aiutandoli con dei disegni a dare una forma alle loro paure. Cerchiamo di favorire il dialogo, ma soprattutto di rassicurarli, dicendo loro che questo momento passerà e che tutto tornerà come prima. I bambini sono estremamente abitudinari e quindi hanno bisogno di sapere che la loro routine tornerà quella che era. Dal lato comportamentale, cerchiamo di non far trasparire le nostre preoccupazioni. Se un genitore concentra i suoi discorsi sull’argomento coronavirus, guarda continuamente contenuti televisivi dedicati alla questione ed è spesso attaccato allo smartphone in cerca di notizie, il bambino non riuscirà a stare davvero tranquillo”.

Poi c’è il tempo trascorso lontano da scuola e attività che prima riempivano le ore del giorno. Come impegnarlo? “Dobbiamo cercare di essere creativi e accoglienti, nonostante le tante difficoltà legate anche all’organizzazione familiare. Dobbiamo dare un senso a questo tempo, che non è affatto sprecato. È un tempo che va reinventato. L’apprendimento non passa solo per la scuola e per i libri, ma anche per la quotidianità. Portiamo i nostri figli all’aperto. Facciamo scrutare loro il paesaggio. Favoriamo con il gioco la sperimentazione dei cinque sensi. Raccontiamo storie. Sono strumenti questi che aiutano anche a metabolizzare la difficile situazione. Regaliamo loro un tempo condiviso. Se siamo noi i primi a pensare che si tratti di tempo sprecato, lo penseranno anche loro. Non è così”. E se dovessero annoiarsi? “La noia deve esserci. I bambini ne hanno bisogno. Per loro è uno stato d’animo funzionale perché li spinge all’inventiva. I giochi più belli sono quelli in cui i bambini si inventano cosa fare, chi essere, quale missione portare a termine Siamo noi che, abituati alla nostra routine frenetica, non sappiamo stare nella noia. Se iniziamo a programmare tutto, togliamo ai nostri figli la loro cosa più preziosa: la creatività. Devono annoiarsi perché crescendo, in fase adolescenziale, se non si è abituati alla noia si è sempre in cerca di altro”.   E le attività domestiche. “Aiutare mamma e papà a riordinare la casa è un’attività utilissima. Riorganizzare cassetti, apparecchiare, mettere a posto quell’angolo di giochi magari dividendo le costruzioni sulla base dei colori, così da favorire anche l’applicazione di principi matematici: tutto questo è apprendimento. Non solo. Rendiamoli partecipi delle importanti norme igieniche che sono state diffuse in questo periodo. Facciamo in modo che siano consapevoli”.

Su tutto l’imperativo deve essere quello della condivisione. “Cerchiamo di esserci. Di favorire attività che possono essere fatte insieme. L’attività condivisa potenzia la relazione. Non c’è bisogno di inventarsi chissà cosa o di acquistare chissà quale gioco: l’intrattenimento più bello per un bambino sono mamma e papà che giocano, ascoltano, collaborano”.

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